sabato 15 agosto 2009

107 - 20^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 16 Agosto 2009

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58)

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Parola del Signore
.
La Parola pregata.
Dal Vangelo al dialogo con Dio.
Tu non hai alcuna intenzione
di “bucare il video”,
di scandalizzare a bella posta,
di colpire ad effetto
l’immaginazione di chi hai davanti.
Le tue parole intendono solo
farci entrare nel mistero
perché è una realtà troppo grande
per essere subito compresa,
una realtà troppo profonda
per essere completamente scandagliata,
una realtà troppo bella
per essere abbracciata in un colpo solo.
È un mistero d’amore, Gesù,
quello che ci chiedi di accogliere:
la tua vita donata totalmente,
senza trattenere nulla per te,
la tua vita spezzata
come si faceva con il pane
per farla giungere ad ogni uomo,
la tua vita offerta
dal legno della croce
per liberare l’umanità
dal peccato e dal male,
per fondare un’alleanza eterna
tra Dio e tutti gli uomini,
un’alleanza che nulla e nessuno
potrà mai infrangere.
È in un mistero d’amore, Gesù,
che ci inviti ad entrare
in una comunione cementata
dalla carne e dal sangue,
da un dono smisurato.

(Roberto Laurita)
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