sabato 29 giugno 2013

492 - 13^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 30 Giugno 2013

Dal Vangelo secondo Luca  (9, 51-62)

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
Commento
 
C’è qualcosa di radicale nella vocazione a seguire Gesù (è una caratteristica di ogni cristiano autentico) che ci sconvolge. Si potrebbe essere tentati di invocare una particolarità di modo di pensare, perfino di linguaggio, per addolcire o stemperare gli argomenti del Vangelo. Eppure abbiamo ogni interesse a prendere il Vangelo per ciò che è, ed approfittare della sua freschezza, del suo vigore.
Seguire Cristo non è una cosa come un’altra, che si possa conciliare con esigenze parallele o contrarie. Chi intraprende questo cammino deve sapere fin dall’inizio che sarà il discepolo di un povero che non ha un luogo dove posare il capo, di un uomo che ha saputo non senza pericolo rompere certi legami, e che, una volta impegnatosi in una missione, non si è più guardato alle spalle.
Ci si abitua troppo facilmente a vedere i cristiani prendere e lasciare il messaggio evangelico; ora, questo disturba e deve disturbare il male che non cerca che di radicarsi in noi. Bisogna rinnovare il nostro impegno battesimale ricevendo per oggi le dure parole di Gesù, ed accettare coraggiosamente di essere dei discepoli che camminano sui suoi passi, sicuri di trovare, oltre il cammino pietroso, la felicità della vera vita.

sabato 22 giugno 2013

491 - 12^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 23.06.2012

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9, 18-24)
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».

Commento
La confessione di Pietro, l’annuncio della passione di Gesù e l’invito a seguire il suo esempio costituiscono un’unità organica. Gesù è il Messia, ma non come quello di cui fantasticavano gli uomini. Egli segue il cammino tracciato da Dio, che è il cammino della croce. Chiunque vuole essere con lui, deve seguirlo in questo cammino. Rispetto agli altri evangelisti, Luca introduce alcuni cambiamenti ed accenti caratteristici. Non cita il luogo della conversazione di Gesù con i discepoli, lega questa conversazione alla preghiera di Gesù e, soprattutto, rivolge a tutti l’invito ad imitare Cristo. È un invito importante, che non è rivolto solo agli eletti, ai santi e agli uomini pronti all’eroismo. Tutti i credenti sono discepoli di Cristo. Egli non li tratta come mercenari, ma come amici, vuole che lo accompagnino nel suo cammino e prendano parte alle sue sofferenze. Il suo destino deve essere anche il loro. Che essi portino ogni giorno la loro croce. Gesù non parla del martirio, che può capitare una sola volta, ma delle sofferenze che ognuno incontra nell’adempimento serio del proprio dovere e delle difficoltà quotidiane che devono essere sopportate pazientemente grazie all’amore per lui.
 

sabato 15 giugno 2013

490 - 11^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 16 Giugno 2013

Forma breve (Lc 7,36-50):

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

Commento

Gesù è stato accusato di essere amico dei peccatori. Ebbene sì, vuole esserlo. Ma in che senso? Il Vangelo di oggi lo spiega. In quei tempi era costume che si invitassero i maestri itineranti. Prima del pasto, erano obbligatori alcuni gesti di ospitalità come, ad esempio, offrire dell’acqua e salutare con un abbraccio. Ecco che una donna, conosciuta come peccatrice, mostra nei confronti di Gesù un’ospitalità eccessiva, mentre Simone non è certo prodigo in gesti. Di fronte alla sua perplessità, Gesù racconta una parabola sul perdono. La donna si converte, piange lacrime di contrizione e di ringraziamento. Gesù dichiara: “Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato”. Gesù la conferma nella sua fede: davanti agli occhi di tutti riconcilia la peccatrice con Dio e la reintegra nella società degli uomini onesti. Abbiamo, dunque, qui l’esempio della contrizione perfetta. Il confessore ripete nella formula dell’assoluzione le parole che nell’epilogo Gesù rivolge a questa donna. Gesù era un infaticabile viaggiatore che annunciava il vangelo. Lo accompagnavano non solo i discepoli, ma anche le donne. Egli le ha associate alla sua attività apostolica, ha accettato il loro servizio e il loro aiuto materiale, comportandosi così in modo rivoluzionario per quell’epoca. Gesù restituisce pienamente alla donna la sua dignità di essere umano: agli occhi di Dio è pari all’uomo.

sabato 1 giugno 2013

489 - SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO C) - 02 Giugno 2013

Dal Vangelo secondo Luca  (Lc 9,11-17)

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
 
Commento
Onoriamo e adoriamo oggi il “Corpo del Signore”, spezzato e donato per la salvezza di tutti gli uomini, fatto cibo per sostenere la nostra “vita nello Spirito”. Gesù ha moltiplicato i pani e i pesci per nutrire la folla che lo seguiva: il cibo fisico agisce in me anche quando non ci penso, anche quando dormo si trasforma in carne, sangue, energie vitali. Il cibo spirituale è diverso: è efficace se io collaboro con Cristo, che vuole trasformare la mia vita nella sua.
L’Eucaristia è la festa della fede, stimola e rafforza la fede. I nostri rapporti con Dio sono avvolti nel mistero: ci vuole un gran coraggio e una grande fede per dire: “Qui c’è il Signore!”. Se guardo a me stesso, mi trovo sempre piccolo, imperfetto, peccatore, pieno di limiti. Eppure Dio mi ama, come ama tutti gli uomini, fino a farsi nostro cibo e bevanda per comunicarci la sua vita divina, farci vivere la sua vita di amore.
L’Eucaristia non è credibile se rimane un rito, il ricordo di un fatto successo duemila anni fa. È invece una “scuola di vita”, una proposta di amore che coinvolge tutta la mia vita: deve rendermi disponibile ad amare il prossimo, fino a dare la mia vita per gli altri. Secondo l’esempio che Gesù ci ha lasciato.