sabato 31 luglio 2010

247 - 18^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 01 Agosto 2010

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,13-21)
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
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Commento
Il messaggio essenziale del Vangelo di oggi è talmente chiaro che, in realtà, non ha bisogno di interpretazione: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché la vita di un uomo non dipende dai suoi beni”. E “arricchitevi davanti a Dio!”. Ma, siccome conquistare dei beni è un’aspirazione fondamentalmente umana, vale quindi la pena entrare nei dettagli della parabola del ricco stolto raccontata da Gesù. La ricchezza conferisce agli uomini una certa sicurezza, permette loro di disporre della propria vita, di non dipendere completamente dagli altri o dallo Stato, di organizzare la propria sfera di vita, di occuparsi di cose che fanno loro piacere, di concretizzare grandi missioni o grandi scopi. In questa misura, i beni sono necessari per una giusta esistenza. Gesù non mette in questione il buon impiego dei beni e delle ricchezze. Ma afferma che beni e ricchezze portano gli uomini a sentirsi lontani da Dio e dal prossimo, a pensare di essere assicurati contro la miseria, la vecchiaia e la morte e a soddisfare i piaceri di questo mondo. E ancora, per molti uomini, il successo materiale è il simbolo della benedizione di Dio. Pensano di avere compiuto bene il loro ruolo nella vita quando acquisiscono ricchezza e considerazione. E che Dio non possa pretendere di più da loro. Ora, anche per essi, il principale comandamento è l’ultimo criterio che permetterà di giudicare la loro vita. Ecco perché la ricchezza deve essere per ognuno un mezzo di azione: un mezzo per impegnarsi per gli altri. Aiutando coloro che sono nello sconforto e condividendo con generosità, si sarà veramente ricchi: ricchi agli occhi di Dio.

domenica 25 luglio 2010

246 - E' IL SIGNORE CHE COSTRUISCE LA CASA

Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare. (Sal 127, 1-2)
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Si el Señor no construye la casa en vano trabajan los albañiles. En vano te levantas tan temprano y te acuestas tan tarde. (Sal 127, 1-2)

sabato 24 luglio 2010

245 - 17^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) 25 Luglio 2010

Dal Vangelo secondo Luca
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
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Commento
Grazie alle letture bibliche, oggi la Chiesa ci insegna quello che significa la preghiera e come bisogna pregare. Il racconto dell’intercessione di Abramo in favore delle città depravate di Sodoma e Gomorra (Gen 18,20-32: 1a lettura) dimostra che i castighi di Dio non sono la conseguenza di una predestinazione irrevocabile. L’intercessione degli uomini che conoscono l’amore di Dio è capace di risvegliare la sua misericordia.
San Luca ci riporta una serie di insegnamenti di Gesù su come bisogna pregare. Gesù invita innanzitutto a pregare, per qualsiasi richiesta, con fiducia, ed assicura ad ognuno che tutte le preghiere sincere saranno esaudite: “Chiunque chiede ottiene; chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa”. Poi Gesù dice che un padre terreno dà solo buone cose ai suoi figli e non vuole ingannarli. Come potrebbe Dio, il migliore dei padri, mandarci qualcosa di cattivo quando noi suoi figli gli chiediamo il suo aiuto?
La parabola dell’uomo che sollecita il suo amico è basata sulla regola del rilancio: se un amico terreno non è capace di mandare via colui che è venuto per pregarlo, anche se chiede il suo aiuto nelle peggiori circostanze, a maggior ragione Dio - che è il nostro migliore amico - esaudirà le nostre preghiere! Tanto più che noi per lui non siamo mai importuni.
Tutto questo trova la sua espressione più convincente nella preghiera che il Signore insegna ai suoi discepoli. Se abbiamo fatto nostra la preoccupazione di Dio: cioè che il suo nome sia conosciuto e riconosciuto e che il suo regno venga nel mondo, egli stesso farà sue le nostre preoccupazioni. La preghiera del Signore è il riassunto di tutto il Vangelo. Ed è per questo che è il fondamento e il cuore di tutta la preghiera umana.

mercoledì 21 luglio 2010

244 - MONTI BENEDITE IL SIGNORE

Benedite monti e colline il Signore. (Dn 3, 75)
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¡Montañas y colinas bendigan al Señor ! (Dn 3,75)

sabato 17 luglio 2010

243 - 16^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) 18 Luglio 2010

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
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Commento
I testi biblici che ci riportano il messaggio di questa domenica (la prima lettura e il Vangelo) ci insegnano che il Dio della Trinità ama recarsi di tanto in tanto dagli uomini, perché la sua presenza è un onore e una benedizione. Al tempo dei patriarchi, si reca da Abramo e promette un figlio a Sara che non ne ha ancora. Gesù, da parte sua, esalta due donne nubili, Maria e Marta, onorandole della sua visita e della sua parola. Il racconto di questa visita ci mostra che si deve manifestare a Gesù un vero rispetto.
Il Dio della Trinità oggi continua a recarsi presso gli uomini. Questo noi la chiamiamo visita. Spesso, ci rendiamo conto della venuta di Dio solo dopo la sua visita.
In questo giorno, il nostro Signore e Salvatore ci invita a recarci da lui. Egli è il sacerdote, l’annunciatore e l’ospite di questa festa liturgica. Gioiamo di questo onore, ascoltiamo la sua parola con attenzione e festeggiamo con lui la comunione di oggi con atteggiamento di venerazione. Ma soprattutto prendiamo a cuore quello che lui ci dice: è colui che si impregna della sua parola e vive secondo essa che gli manifesta il più grande rispetto.

martedì 13 luglio 2010

242 - SEI UN DONO DI DIO!




mercoledì 7 luglio 2010

241 - 15^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 11 Luglio 2010

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 25-37)
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
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Commento
Uomini imperfetti e turbati dal peccato, da una parte, non siamo certi di ciò che è bene e giusto e, dall’altra, ci capita spesso di non essere pronti a fare il bene. È il motivo per cui Dio ci ha dato i comandamenti: essi ci indicano ciò che è giusto e fanno sentire a ognuno ciò che deve fare. È per questo che gli Ebrei dell’antica Alleanza avevano stabilito un sistema di più di cinquecento comandamenti e divieti, che doveva permettere loro di compiere in tutto la volontà di Dio, perché non avevano più una visione chiara di che cosa fosse assolutamente essenziale agli occhi di Dio e si perdevano nei dettagli. Per i dottori della legge, discutere di gerarchie e di comandamenti era spesso ben più importante delle istituzioni destinate a compiere veramente la volontà di Dio. È ciò che dimostra l’esempio del dottore della legge che cerca di rendere Gesù ridicolo: ponendogli una domanda in apparenza sincera, egli vuole provare che è un teologo dilettante. Ma Gesù non sta al gioco. Costringe il dottore della legge a dare da sé la risposta giusta e gli mostra allora qual è il prossimo che ciascuno deve amare come se stesso: è quello che si trova in miseria ed è bisognoso del nostro aiuto. Si risparmia così ogni discussione saccente attorno al problema di sapere se qualcuno che non è ebreo, oppure è un ebreo peccatore, ha il diritto di aspettarsi il nostro aiuto. Egli va anche più lontano, mostrando che un Samaritano da disprezzare (agli occhi dei dottori della legge) è capace di fare del bene in modo naturale seguendo la voce del suo cuore, mentre due pii Ebrei si disinteressano in modo disdicevole. Non dimentichiamo che Gesù sottolinea ben due volte al dottore della legge: “Agisci seguendo il comandamento principale e meriterai la vita eterna!”.

martedì 6 luglio 2010

240 - LA SAMARITANA

Dammi di quest'acqua

venerdì 2 luglio 2010

239 - 14^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) 4 Luglio 2010

Dal Vangelo secondo Luca - forma breve (Lc 10,1-9):
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi chi lavori nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
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Commento alle letture
La liturgia eucaristica di questa domenica ci presenta, ancora, un passo del Vangelo che parla della vocazione;Gesù, in cammino verso Gerusalemme, chiama, a condividere la sua predicazione, altri settantadue discepoli, e, recita il testo, "li inviò a due a due avanti a sé in ogni città dove stava per recarsi".Il Maestro aveva già scelto i "dodici" (Lc.9,12) coloro che lo avrebbero seguito più da vicino, che avrebbero mangiato con Lui l'ultima Pasqua, e che, per primi, Lo avrebbero visto risorto; ora, è necessario chiamare, per un più vasto annuncio del vangelo, altri, questi, dei quali Luca indica, soltanto, quel simbolico numero: settantadue.Quanti fossero, esattamente, questi nuovi discepoli, incaricati di preparare i cuori all'accoglienza del messaggio di Cristo, ha poca importanza saperlo, il Vangelo indica quel numero, settantadue, o settanta, come altri codici riportano, numero, che richiama il capitolo 10 del libro della Genesi, nel quale è presentata la tavola delle nazioni, che ricollega tutti i popoli, conosciuti al tempo di Israele, con i figli di Noè; tavola, che può ben essere assunta, come simbolo dell'intera umanità, nella sua ricchezza e varietà, in quell'insieme di differenze e affinità, che son chiamate a connotare una sola famiglia, la famiglia umana che attende un salvatore.Questo nuovo, numeroso, gruppo di discepoli, che precede, nei diversi luoghi, l'arrivo di Gesù e, nel suo nome annuncia la buona novella, dà il senso dell'universalità della salvezza e della nuova missione che Cristo inaugura, e che ritroviamo nelle parole dette, dallo stesso Maestro, agli apostoli, prima della sua ascensione al cielo: "...Cristo doveva patire e il terzo giorno risuscitare dai morti; e, nel suo nome, saranno predicati a tutte le genti, la conversione e il perdono dei peccati; voi sarete testimoni di tutto questo...." (Lc.24,46-48)È questa la missione che il Figlio di Dio affida alla sua Chiesa, rappresentata dai Dodici e da altri numerosi discepoli, quei settantadue, primo drappello, e figura dei tanti che li seguiranno, nel corso dei secoli; uomini e donne, che Dio ha scelto per sé, e ai quali il Figlio ha affidato il compito della evangelizzazione, di quella numerosa messe, per la quale, gli operai son sempre pochi.Domenica scorsa, la liturgia eucaristica si è soffermata, in tutte e tre le letture, sul mistero della vocazione, un mistero umano, ma che ha origine in Dio, perché è Lui che illumina e chiama, ed è il Figlio Gesù che, unito al Padre, ancora, chiama e invia, perché all'uomo giunga la Parola che salva, e nella comunità umana si realizzi quella armonia, che è dono della pace del Risorto.Sempre, la scorsa domenica, abbiamo visto quanto arduo sia questo cammino di sequela, che non si ferma all'esperienza personale dell'incontro con Cristo, ma si fa missione verso gli altri, una missione senza confini di spazio o di tempo.In questa domenica, i testi liturgici, a partire dal Vangelo di Luca, continuano a descrivere la chiamata ad un discepolato, che sia partecipe della missione evangelizzatrice; chiamata che deve alimentarsi, innanzitutto, di preghiera, secondo all'esortazione del Maestro il quale dice: «Pregate, dunque, il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe...».La vocazione alla evangelizzazione, cresce, perciò, nella preghiera, quel colloquio ininterrotto col Padre, ad imitazione del Figlio, il quale, sovente, si ritirava in solitudine per pregare; è in questo colloquio che ci si educa alla carità, la quale si esprime, poi, in sollecitudine, attenzione e dedizione all'altro, chiunque esso sia.

238 - L'AMORE DI DIO

Nessuna creatura potrà mai separarci dall'Amore di Dio. (Rm 9,39)