domenica 29 novembre 2009

161 - LA LUNA

Benedite sole e luna, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli. (Dn 3, 62)
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Sun and moon, bless the Lord; praise and exalt him above all forever. (Dn 3,62)
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¡Sol y luna bendigan al Señor, cántenle y glorifíquenlo eternamente! (Dn 3,62)

160 - AVVENTO TEMPO DI ATTESA

Avvento, tempo dell'attesa e della speranza:

è la tua venuta, o Cristo, che vogliamo rivivere,

preparandoci più profondamente

nella fede e nell'amore.

Avvento, tempo della Chiesa affamata del Salvatore:

essa vuole ripeterti, volgendosi a te

con più insistenza, con un lungo sguardo,

che tu sei tutto per lei.

Avvento, tempo dei desideri più nobili dell'uomo

che più coscientemente convergono verso di te,

e che devono cercare in te, nel tuo mistero,

il loro compimento.

Avvento, tempo di silenzio e di raccoglimento,

in cui ci sforziamo d'ascoltare la Parola

che vuol venire a noi,

e di sentire i passi che si avvicinano.

Avvento, tempo dell'accoglienza

in cui tutto cerca di aprirsi,

in cui tutto vuol dilatarsi nei nostri cuori troppo stretti,

al fine di ricevere la grandezza infinita

del Dio che viene a noi.

(Jean Galot, Vieni, Signore)

sabato 28 novembre 2009

159 - BUON AVVENTO

Celebrare l'Avvento, significa saper attendere, e l'attendere è un'arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato. Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all'apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse. Chi non conosce l'aspra beatitudine dell'attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell'adempimento.
(Dietrich Bonhoeffer)

158 - 1^ DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) - 29 Novembre 2009

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 21,25-28.34-36)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Parola del Signore
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Presentazione alle letture
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Inizia il ciclo di Avvento, cioè il tempo della venuta del Signore Gesù per stabilire pienamente la sua presenza nella storia dell’umanità. La manifestazione del Signore è presentata come attraverso un dramma destinato a coinvolgere gli uomini sino alla fine della loro storia. Ci saranno infatti situazioni di grande crisi tra gli uomini di fronte al giudizio: verrà svelato il loro atteggiamento verso Dio, e il loro comportamento verso i fratelli. La 1^ Lettura annuncia la venuta di un discendente di Davide che nascerà come un “germoglio di giustizia”: egli sarà la gioia e la speranza dei buoni e dei giusti.

San Paolo ( 2^ Lettura) ammonisce che fino a quando non verrà il Signore, bisogna attendere alla propria santificazione, impegnandoci nella conoscenza di Dio, attraverso l’amore verso i fratelli. Cristo chiede a tutti vigilanza e preghiera, poiché solo per i discepoli fedeli, il giudizio diverrà un evento beato. Ed essi saranno chiamati ad alzare la testa con fierezza, poiché vedranno il compimento della promessa del Signore, e la liberazione da tutto il male subito e troveranno finalmente la beatitudine.

mercoledì 25 novembre 2009

157 - FONTANA

Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome ... vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. (Mc 9, 41)
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Anyone who gives you a cup of water to drink because you belong to Christ, amen, I say to you, will surely not lose his reward. (Mc 9,41)
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Y cualquiera que les dé de beber un vaso de agua porque son de Cristo, yo les aseguro que no quedará sin recompensa. (Marcos 9,41)

sabato 21 novembre 2009

156 - 34^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - SOLENNITA’ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL'UNIVERSO

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (18,33b-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore
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COMMENTO ALLE LETTURE
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Chi ha letto il Piccolo Principe si ricorderà del primo dei pianeti che egli era andato a visitare per cercare un'occupazione e per istruirsi. Il primo era abitato da un re, vestito di porpora e d'ermellino, sedeva su un trono semplice e maestoso. Appena lo vide arrivare il re esclamò: "Ah! ecco un suddito!" E il piccolo principe si domandò: "Come può riconoscermi se non mi ha mai visto?"Il piccolo principe non sapeva che, per i re, il mondo è molto semplificato. Tutti gli uomini infatti per loro sono dei sudditi.* Anche nel vangelo di oggi si parla di re, di sudditi, di servitori… di riconoscimento mancato, e di verità. E non mancano gli equivoci. Gesù si trova davanti a Pilato: parlano la stessa lingua ma non si capiscono, Gesù dice una cosa e Pilato ne capisce un'altra; eppure il rischio è grande: se l'accusa che portano contro quell'uomo fosse vera, Pilato avrebbe davvero di che preoccuparsi: gli riferiscono infatti che quello è un pericolo pubblico, una testacalda che si è messo a capo di un gruppo di sovversivi per sostituirsi all'autorità romana, per prendere il posto di Cesare, uno che viene candidato dai suoi sostenitori ad essere il nuovo re dei giudei. Queste cose d'altra parte non erano nuove per Pilato: come procuratore romano della Giudea sapeva che quel popolo fantasticava la venuta di un re-messia che li avrebbe resi liberi inaugurando un'era nuova.* Nemmeno per Gesù era la prima volta che si sentiva attribuire il titolo di re: la prima volta era stata dopo che aveva sfamato la folla con la moltiplicazione dei pani; quale re migliore di quello che avrebbe risolto tutti i problemi materiali, senza chiedere nulla in cambio? …"ma Gesù sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo" (Gv 6,15)…Un'altra volta era stato all'entrata in Gerusalemme: la folla lo aveva accolto festante acclamandolo re d'Israele ("osanna al figlio di Davide"; Gv 12,13): e Gesù, invece di entrare come avrebbe fatto un re sul piede di guerra, con carri e cavalli, ministri e soldati, era entrato cavalcando un'asina, con al seguito un manipolo di poveracci, per dimostrare che egli, se era un re, lo era nel senso che aveva indicato il profeta, un re mite e pacifico.Ora che si trova legato davanti a Pilato, senza nessuno che abbia combattuto per lui, processato come un malfattore, beffeggiato, vilipeso e ad un passo dal capestro, adesso sì, per la prima volta accetta quel titolo che gli si attribuisce: "Io sono re": oramai non c'è più il rischio di essere fraintesi: così com'è ridotto non c'è più nessuno che possa aspettarsi ancora qualcosa da lui.* E dice chiaramente cosa significa per lui essere re: "per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità" (per questo è re, per rendere testimonianza alla verità). E la verità a cui rende testimonianza non è una verità facile, non è una verità a poco prezzo, eppure è l'unica verità che fa l'uomo veramente libero: Se rimanete nella mia parola - aveva detto ai suoi discepoli - …conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Gv 12,31-32); è la libertà dei figli di Dio, quella profonda, definitiva, totale, libertà da qualsiasi dipendenza.Egli rende testimonianza alla verità, dona la verità che libera. Solo in questo senso Gesù accetta la regalità. Ma quanti allora avevano capito, quanti oggi hanno capito il suo messaggio? Gesù non è un re che vuole sudditi, che pretende un'accettazione supina dei suoi comandi, egli non si aspetta sottomissione… a Gesù non interessano degli schiavi, o peggio degli automi, che obbediscono ciecamente ai suoi voleri, non sa che farsene. Non vuole dei sudditi: non siete servi, ma vi ho chiamato amici, perché vi ho fatto conoscere le cose del Padre mio (Gv 15,15): siete amici, familiari, fratelli.* Egli vuole liberarci, ci vuole liberi, perché non c'è amore vero senza libertà: ed è l'amore che vuole."Che cosa hai fatto?" - chiede Pilato a Gesù; il senso della risposta di Gesù è che lui ha testimoniato la verità per ridare la libertà all'uomo; e davvero lui ci conduce pazientemente su un cammino di liberazione: se fossimo sinceri fino in fondo con noi stessi, ci accorgeremmo di quanto abbiamo bisogno di questa liberazione, ci accorgeremmo di come viviamo in tanti piccoli o grandi autoinganni, di come ci raccontiamo continuamente storie per non guardare in faccia la realtà, ci nascondiamo di fronte alla verità, perché ci fa paura, perché ci costa sacrificio abbandonare le nostre almeno apparenti sicurezze, lasciare le nostre piccole e grandi schiavitù, ci costa fatica ammettere che siamo deboli e presuntuosi, ci costa sudore togliere corazze e maschere per far emergere il nostro vero volto.* È per questa ragione che lungo i secoli i cristiani hanno spesso preferito rivestire il Cristo con le vesti regali, dandogli la corona e lo scettro del comando e prostrandosi umilmente ai suoi piedi: non cercavano la verità che rende liberi, ma la tranquillità, la soddisfazione materiale, preferivano accontentarsi di una piccola felicità, di una facile consolazione; non hanno voluto la verità che rende liberi, piuttosto cercavano qualcuno che togliesse loro la fatica di pensare, di scegliere, la fatica di assumersi la proprie responsabilità: "gli uomini si sono rallegrati di essere di nuovo guidati come un gregge - dice il Grande Inquisitore, nei "Fratelli Karamazov" - si sono rallegrati che qualcuno avesse finalmente tolto dal loro cuore un dono così terribile che aveva causato loro tanto tormento" perché in fondo "non c'è mai stato nulla di più insopportabile, per l'uomo, della libertà".È sempre grande e insidiosa la tentazione di darsi un re ai piedi del quale deporre la nostra coscienza, un re che ci sollevi dalla fatica di usare bene della nostra libertà.Ma "Cristo ci ha liberati per la libertà!", dice Paolo alla comunità dei Galati (5,1), "State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù".* Gesù, al contrario del re che incontra il piccolo principe, al contrario di tutti i re e dominatori di questo mondo, non cerca la sottomissione dei suoi sudditi, ma il loro libero amore.Quando riusciremo ad accettare un re libero che ci chiama a libertà?A colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen! (Ap 1,6s)

martedì 17 novembre 2009

155 - LA LINGUA

Así también la lengua es algo pequeño, pero puede mucho; vean cómo una llama devora bosques. La lengua es un fuego. (Santiago, 3,5-6)

154 - LA PREGHIERA (1)

Prega senza sosta colui che unisce la preghiera
ai necessari impegni e gli impegni alla preghiera.
Soltanto così possiamo mettere in pratica
il precetto "pregate sempre" (1 Ts 5,17):
se consideriamo tutta l'esistenza cristiana come
un'unica grande preghiera,
dalla quale ciò che siamo abituati
a chiamare preghiera è solo una parte.
(Origene)

venerdì 13 novembre 2009

153 - IL PONTE

La fede fabbrica un ponte da questo mondo all'altro. (N. Young)

152 - 33^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 15 Novembre 2009

+ Dal Vangelo secondo Marco (13,24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cieloe le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre». Parola del Signore
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Introduzione alle letture
Alla conclusione dell’anno liturgico, la liturgia volge lo sguardo a ciò che supera il tempo, che oltrepassa la storia. Anche le letture hanno questo stile ultraterreno: la prima propone la situazione finale della storia e il Vangelo un discorso di Gesù sulla fine dei tempi. La caratteristica di questi brani è che dichiarano la fine di ciò che sembrava irremovibile come il sole o gli astri. A loro si contrappone la gloria finale di Gesù Cristo che viene con grande potenza.
L’intento di queste parole non è di spaventare, ma di rassicurare ed esortare. La grande angoscia di cui parlano è la situazione stessa della vita umana, irta di difficoltà e di prove. Ma questo non è lo stato definitivo: l’ultima parola sulla storia non è la morte o la distruzione, ma la vita stessa del Risorto glorioso contro il quale non c’è forza che possa opporsi. L’immagine del fico, che Gesù usa, serve proprio a insegnarci a leggere i segni dei tempi come tracce della vittoria di Cristo, anticipo della sua gloria. Il cristiano sa che la benedizione di Dio non lo protegge dalle difficoltà della vita, ma nelle difficoltà gli garantisce uno scudo di luce che non lo lascia cadere nelle tenebre.

mercoledì 11 novembre 2009

151 - LE TUE VIE SIGNORE

Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. (Sal 25,4)
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Haz, Señor, que conozca tus caminos, muéstrame tus senderos. (Sal.25,4)

sabato 7 novembre 2009

150 - 32^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 09 Novembre 2009

+ Dal Vangelo secondo Marco (12,38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Parola del Signore.
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Commento
La liturgia di oggi ci invita a riflettere sul significato del dono: al centro delle letture c’è la figura della vedova che nel mondo biblico è l’immagine stessa della debolezza, della fragilità. Una donna rimasta vedova era in balìa del più forte, senza difese, esposta ai soprusi. Ora è proprio questa figura che diventa il simbolo di colui che veramente sa donare, perché non regala quello che ha, ma quello che è.
La contrapposizione “poveri-ricchi” non sta tanto fra chi ha dei beni e chi non ne ha, ma fra chi confida in questi beni e si sente autosufficiente, e chi nella sua debolezza accetta di condividere con gli altri quello che ha e che è. La vedova osa il rischio di questo dono perché sa in Chi ha posto la sua fiducia. Il cristiano osa condividere perché l’annuncio della Provvidenza fa parte della sua speranza.
Ciò che spesso ci colpisce è il nascondimento del gesto di generosità della vedova: ella non ostenta il bene che fa perché per lei non è importante l’approvazione della gente ma l’amore in cui vive. Nel suo gesto furtivo ricordiamo le parole di san Bernardo: «L’amore basta all’amore. L’amore ha in sé la sua ricompensa».

mercoledì 4 novembre 2009

149 - GUARDATE A LUI

Guardate a Lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. (Sal 33,6)
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Mírenlo a él y serán iluminados y no tendrán más cara de frustrados. (Sal 33,6)

148 - SALMO 14

Chi è degno di stare davanti al Signore?

Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte?

Colui che cammina senza colpa,
agisce con giustizia e parla lealmente,
non dice calunnia con la lingua,
non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulto al suo vicino.

Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
Anche se giura a suo danno, non cambia;
presta denaro senza fare usura,
e non accetta dono contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.


COMMENTO AL SALMO 14

Le disposizioni interiori del cuore devono essere anteposte all’osservanza dei precetti rituali.

Il salmo presenta un gruppo di pellegrini che domanda ai sacerdoti addetti alla custodia del tempo quali sono le condizioni necessarie per poter partecipare all’assemblea cultuale.

Ecco le domande dei pellegrini: “Chi abiterà nella tenda del Signore? Chi dimorerà nella sua santa dimora?”.

La risposta dei sacerdoti è che per partecipare all’assemblea cultuale occorrono:

a) delle condizioni innanzitutto positive:
la rettitudine
la lealtà
la sincerità
la bontà e il rispetto

b) e occorrono anche delle condizioni negative:
non essere malvagi
non spergiurare
non fare dell’usura.

lunedì 2 novembre 2009

147 - ALBA

La verità e il mattino si rischiarano poco a poco. (proverbio etiope)