venerdì 1 maggio 2009

58 - 4^ DOMENICA DI PASQUA 03 Maggio 2009

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,11-18)
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Parola del Signore

Presentazione alle letture
Il vangelo presenta la figura del pastore e il suo compito di tenere unito il gregge. Emerge in primo piano la contrapposizione tra il pastore buono, che offre la vita per la difesa e all'unità, e il mercenario, che abbandona le pecore al lupo. Questo dono della vita è libero e privo di qualsiasi volontà di potenza. Anzi il rapporto che si instaura ha come obiettivo e frutto la reciproca conoscenza tra il pastore e le sue pecore, "come" quella che esiste tra Gesù e il Padre. E nel futuro mira ad una "fraternità" universale.
La prima lettura ci annuncia, nella forma di solenne proclamazione di fede, il significato di Gesù: alla persona di Gesù è legata l'eclusività e l'universalità della salvezza.
Nella seconda lettura l'invito a rimanere in Cristo è la condizione per avere fiducia, per superare ogni timore. La fiducia nasce dall'essere figli liberi, dall'essere figli nel Figlio. L'amore del Padre, infatti, è la fonte vera e unica da cui scaturisce la nostra figliolanza.

La Parola pregata.
Dal Vangelo al dialogo con Dio.
Il segno inequivocabile del tuo amore
tu ce l’hai offerto
donando la tua vita per noi, sulla croce.
Così tu ti sei rivelato
come il buon pastore,
che non fugge davanti al pericolo,
che non esita a rischiare tutto
pur di salvare il suo gregge.
Tu non hai pensato a te stesso,
alla tua incolumità,
alla tua sicurezza,
ma a noi, indifesi davanti al male,
incapaci di fronteggiarlo,
vittime designate del Tentatore
che insinua le sue menzogne sui nostri passi.
Tu hai voluto mettere un argine e bloccare
una volta per tutte lo strapotere della cattiveria,
la seduzione inquietante del potere,
l’arroganza minacciosa di chi esercita
violenza e sopruso sui deboli.
Ma per farlo hai dovuto subire
gli insulti e gli scherni,
i colpi e le battiture,
fino ad essere inchiodato e messo a morte
sul legno di una croce.
È questo amore smisurato,
questo amore disinteressato
che ti dà diritto alla nostra fiducia
ed alla nostra riconoscenza.
Di te ci possiamo fidare
perché tu ci conosci come nessun altro
e ci guidi sui sentieri della vita.
(Roberto Laurita)


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