venerdì 30 aprile 2010

220 - 5^ DOMENICA DI PASQUA (ANNO C) - 02 Maggio 2010

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-35)
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Commento
Il Vangelo di oggi ci trasmette il testamento di Gesù. È diretto ai suoi discepoli, turbati dalla partenza di Giuda. Ma è anche diretto ai numerosi discepoli che succedono a loro e vivono il periodo di Pasqua alla ricerca di un orientamento. Sono soprattutto essi che trovano qui una risposta alle loro domande: Che cosa è successo di Gesù? Ritornerà? Come incontrarlo? Che cosa fare adesso? Sono alcune delle domande che capita anche a noi di fare.
In fondo, il Vangelo ci dà una risposta molto semplice: è un nuovo comandamento: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. Ma se ci si dedica a seguire questo comandamento, ci si accorge molto presto che l’amore non si comanda. Eppure, se si è capaci di impegnarsi ad amare il proprio prossimo per amore di Gesù - come egli stesso ha fatto - si trova ben presto la risposta a parecchie altre domande. Ci si rende conto che il cammino di Gesù è un cammino di vita, per lui ma anche per molte altre persone intorno a lui.
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La Parola pregata.
Dal Vangelo al dialogo con Dio.

Il momento è quello
solenne e drammatico
in cui ogni parola acquista
una forza ed un senso particolari.
Tu stai andando incontro alla morte
e quello che ci affidi
è un vero e proprio testamento.

Tu ci chiedi di amare, di amarci,
secondo la misura che ci manifesterai
con la tua passione e la tua morte:
senza limiti, senza barriere,
senza confini, fino in fondo.
Sarà questo il vero,
l’autentico segno
che ti apparteniamo,
che siamo tuoi discepoli.

Non le celebrazioni spettacolari,
non i raduni entusiastici,
non le assemblee festose,
ma l’amore che sapremo donarci
nel tessuto della vita quotidiana,
con semplicità ed umiltà,
con gioia e con impegno,
con libertà e con coraggio,
con tenerezza e con misericordia.

Questo amore costituisce
“la prova del nove”:
non le patenti di ortodossia,
non la conformità della dottrina,
non le dichiarazioni di fede o di adesione morale.
È questo l’amore che tu ci hai manifestato,
è di questo amore che vivono i discepoli.

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