sabato 30 gennaio 2010

187 - 4^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 30 Gennaio 2010

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 4,21-30)
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore
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Commento alle letture
Il vangelo di oggi descrive diverse reazioni nei confronti di Gesù che, nella sinagoga di Nazareth, si è manifestato come colui nel quale trovano compimento le Scritture. Lo stupore lascia presto spazio allo scetticismo e all’ostilità. Così erano stati trattati anche i profeti. Come allora, anche oggi di fronte a lui e ai suoi discepoli a volte la reazione è violenta, è reazione di rifiuto. L’annuncio della liberazione che viene da Dio può scomodare molti.
Anche Geremia ha conosciuto il costo della fedeltà alla sua missione di profeta: nella prima lettura la scelta di Geremia incontra contrarietà e persecuzioni. Ma essa va di pari passo con la garanzia del sostegno e della vicinanza da parte di Dio, senza il quale non avrebbe avuto la forza di continuare.
Nella seconda lettura, alla comunità di Corinto, in cui alcuni sembrano aspirare a dei ruoli per mettere in mostra se stessi, Paolo indica la strada dell’amore: solo così il cristiano si pone nella linea del profeta che diventa segno di Dio in mezzo ai suoi.

martedì 26 gennaio 2010

186 - SHOAH - 27 Gennaio - GIORNATA DELLA MEMORIA

PER NON DIMENTICARE

Il 30 gennaio 1944 dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano una umanità dolente, composta di cittadini italiani di religione ebraica di ogni età e condizione sociale, veniva caricata tra urla, percosse e latrati di cani su vagoni bestiame.
All’alba di una livida domenica invernale più di 600 persone avevano attraversato la città svuotata partendo dal carcere di San Vittore su camion telati e avevano raggiunto i sotterranei della Stazione Centrale con accesso da via Ferrante Aporti.
Tutti loro, braccati, incarcerati, detenuti per la sola colpa di esser nati ebrei partivano per ignota destinazione. Fu un viaggio di 7 giorni passati tra sofferenza e ansia.

I bambini da 1 a 14 anni erano più di 40. All’arrivo ad Auschwitz la successiva domenica 6 febbraio circa 500 fra loro vennero selezionati per la morte e furono gasati e bruciati dopo poche ore dall’arrivo.

Dal binario 21 era già partito un convoglio con quasi 250 deportati il 6 dicembre del 1943, ne sarebbero partiti altri fino a maggio del 1944.

sabato 23 gennaio 2010

185 - 3^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 24 Gennaio 2010

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,1-4; 4,14-21)
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Parola del Signore
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Commento alle letture
La liturgia della parola di questa domenica ci rimanda ad un tempo molto lontano, ad un anno che gli studiosi pongono attorno al 444 a.C.: in quell'anno, o in uno molto vicino, gli Israeliti, ormai rientrati in patria dall'esilio di Babilonia, potevano serenamente riprendere la loro esistenza di sempre, compresa l'abituale frequenza al Tempio, momento cardine di una vita che si alimenta della Parola del Signore, e con essa si confronta.
"In quei giorni - recita il testo della prima lettura - il sacerdote Esdra portò la legge davanti all'assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci di intendere; tutto il popolo porgeva l'orecchio a sentire il libro della legge.
Il popolo è dunque radunato attorno ad una sua guida spirituale, il sacerdote Esdra, e ascolta per un lungo arco di tempo, un'intera giornata, la lettura ed il commento alla Parola di Dio; sono uomini e donne di ogni condizione sociale e di ogni età, a partire dai dodici anni in su; sono tutti coloro che, capaci di intelligenza, sono anche responsabili del loro comportamento morale e dei loro doveri religiosi. E' un ascolto attento, quello che il profeta Neemia descrive: Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo...come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore Dio grande, e tutto il popolo rispose: Amen, amen, alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore." Non ci troviamo di fronte ad un'assemblea distratta o che frequenti le adunanze sacre per semplice abitudini; siamo invece di fronte a persone che dimostrano fede viva nella Parola dell'Altissimo, quella Parola da ascoltare ed accogliere nel cuore perché diventi luce nel cammino della vita, alimento fondamentale per l'esistenza quotidiana e sostegno in ogni vicenda. E' questa la ragione per cui quella folla è presente sulla piazza del Tempio, davanti alla porta delle Acque, e lì ascolta e si lascia istruire sul senso profondo e sempre nuovo della Parola che viene da Dio. E' una grande lezione che ci viene da lontano, che ci dice quanto sia importante l'ascolto, l'accoglienza e l'approfondimento di ogni parola rivelata, che illumina la nostra fede e tiene vivo il nostro amore per Dio.
La Parola di Dio, quella che nella pienezza dei tempi s'incarnerà in Gesù di Nazareth, il Cristo, il Figlio redentore, è l'unica parola che può dar senso pieno alla nostra esistenza, che ha la sua sorgente in Dio e va verso l'Infinito di Colui al quale è chiamata a ricongiungersi. La folla in ascolto della Parola, proclamata dal sacerdote Esdra e spiegata dai leviti, è una folla che accoglie commossa questo dono di Dio: "tutto il popolo piangeva mentre ascoltava le parole della legge"; un pianto che è segno di pentimento, ma più ancora, di amore riconoscente per il Signore. Ed è a questa moltitudine che il profeta Neemia, nel congedarla, dice: "Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza"; parole che sembrano già preannunciare quel banchetto pasquale nel quale Cristo trasformerà il pane ed il vino nel suo corpo e nel sangue versato per noi; un giorno veramente grande, segno della Resurrezione, che bandisce ogni tristezza, perché in quel banchetto, e in quel giorno, la salvezza offerta da Dio nel Figlio diventa la nostra forza nel cammino della vita, la gioia vera che ci accompagnerà sino alla fine.
Ora, leggendo il brano del Vangelo di Luca, che la Chiesa oggi proclama, troviamo una scena analoga a quella descritta da Neemia; nella sinagoga di Nazareth, un sabato, mentre si attende la lettura del Testo Sacro, è proprio Gesù ad alzarsi in piedi per proclamare e commentare ai presenti la Parola di Dio; gli fu dato, precisa il testo, il rotolo di Isaia, ed egli lesse: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore".
Terminato il passo, Gesù riconsegnò il rotolo, e disse a quanti erano in attesa di una sua parola: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi"; affermazione, questa, che destò stupore tra la gente, quella gente di Nazareth che lo aveva visto crescere, che lo conosceva semplicemente come il figlio del falegname; ma Gesù non aggiunse nient'altro, aveva rivelato la sua vera identità: Egli è l'adempimento pieno delle promesse di Dio, Egli è la Parola stessa di Dio, fatta carne per opera dello Spirito, ed è venuto tra gli uomini per salvarli, per rivelare quell'anno di misericordia che dura quanto dura il tempo, un tempo reso pieno della presenza di Dio, con l'incarnazione del Figlio, non un mito ma una persona reale, della cui concretezza storica lo stesso Luca si preoccupa quando scrive: "..ho deciso anch'io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi, e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teofilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto." Gesù di Nazareth, il figlio del falegname Giuseppe e di Maria, è il Figlio di Dio, quel Figlio che il Padre ha mandato nel mondo perché ogni uomo che crede in lui si salvi, ed è ad ogni uomo che egli, ancora oggi, ripete quelle parole sconcertanti dette nella sinagoga di Nazareth: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi".
Cristo è, dunque, il nostro oggi, l'oggi di Dio entrato definitvamente nella tormentata storia dell'uomo per risanarla dalle ferite del peccato, quelle che vengono dall'egoismo che crea povertà, ingiustizia, discriminazione e oppressione; il peccato, che ha origine dal disamore, che genera violenza, distruzione, disperazione e morte, cose che conosciamo molto bene, e che, sappiamo, inquinano la nostra vita; ma da tutto questo Cristo ci salva, con la potenza della sua redenzione, non solo, ma egli ci associa alla sua missione, facendoci dono di quello stesso Spirito che fu si di lui per "annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore".
E' la nostra missione di battezzati, riuniti in un solo corpo dallo Spirito, come ci ricorda Paolo: "...noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito"; ed è in questo medesimo Spirito che Dio ci arricchisce dei suoi doni, i quali ci abilitano a prolungare nel nostro tempo la missione che fu del Cristo Redentore.
"Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa, in primo luogo, come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue"; son doni grandi, dati gratuitamente perché vengano spesi ed impiegati a vantaggio di tutti, in modo tale che sia realizzato il bene comune, e ovunque risuoni e risplenda il Vangelo di Cristo, la sua luce di Verità, e la potenza del suo amore che salva.
Continua Paolo: "Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti operatori di miracoli? Tutti possiedono doni di far guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?", sicuramente no; ognuno ha dei doni specifici, ma c'è un dono, il più grande di tutti, che è per tutti e al quale tutti dobbiamo aspirare, ed è l'amore, quella carità che è partecipazione dell'amore stesso di Dio, che tutti unisce, quella carità che, necessariamente, si traduce in opere di giustizia e di pace; quella carità che è la testimonianza più chiara ed eloquente della presenza viva di Cristo tra noi, oggi, nel nostro mondo che ha bisogno di salvezza, e nella nostra Storia che, ancora, attende luce e redenzione.

domenica 17 gennaio 2010

184 - SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITA' DEI CRISTIANI 18 - 25 Gennaio 2010

Voi sarete Testimoni di tutto ciò. (Lc 24, 48)
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Ustedes son testigos de todo esto. (Lc 24, 48)
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Preghiamo
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O Cristo risorto
che hai camminato con i due pellegrini di Emmaus,
accompagna anche noi nel nostro pecorso di fede.
Donaci la compassione di ascoltare le storie
di quanti incontriamo sul nostro cammino;
donaci la pazienza di spiegare anche ciò che
potrebbe sembrare ovvio,
e il coraggio di renderci anche vulnerabili,
affinchè gli altri possano incontrare te in noi,
e noi possiamo riscoprire te in loro. Amen

sabato 16 gennaio 2010

183 - 2^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 17 Gennaio 2010

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,1-12)
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Parola del Signore

Commento
Non è venuta la mia ora, dice Gesù alla Madre che, a tutta prima, sembra essere stata importuna dicendo: “Non hanno più vino”.
Cos’è l’“ora”?
Per Giovanni è il momento cruciale, del Calvario anzitutto; la cruna dell’ago attraverso cui deve passare per essere rivoltata tutta quanta la storia, di tutti gli uomini e di tutti i tempi; ma l’ora è anche il tempo della missione pubblica che la prepara: quello è il tempo dei segni, dei miracoli!
Anche Gesù obbedisce ad un tempo che non è il suo, che il Padre gli ha assegnato, di cui egli non è più in un certo senso padrone perché, pur essendo Dio, ha lasciato la sua forma divina presso il Padre e non vuole disporne come uomo.
L’umanissimo miracolo di Cana è un miracolo della fede di Maria. Come sarà per la cananea, come avverrà per il centurione, la fede di Maria ottiene dal Padre che Gesù anticipi l’ora. E si vede allora la forza della “donna” che apre qui al banchetto di Cana e chiude sotto la croce gli estremi dell’“ora”.
La forza della fede brilla pure nella gioia del maestro di tavola mentre gusta il buon vino: la compagnia di Dio all’uomo è umanissima ed integrale. “Non di solo pane”, dirà Gesù, ma intanto fornisce ai commensali, che allietano gli sposi, dell’ottimo vino.

venerdì 15 gennaio 2010

182 - ANNIVERSARIO DEL BLOG

15 Gennaio 2010

Oggi il blog PASSALAPAROLA compie 1 anno. In questo primo anno sono state raggiunte oltre 10.000 visite. Proprio passando la Parola, tante persone del mondo hanno potuto incontrarsi e confrontarsi con la Parola di Dio e scoprire quanto è grande la bontà e la misericordia del Signore.
L’augurio che questo blog cresca sempre di più, perché anche attraverso questo mezzo, tantissime persone possano davvero conoscere sempre meglio l’AMORE DI DIO nella propria vita. Ringrazio tutti i lettori e i visitatori di questo blog che hanno creduto e continuano a credere a questa iniziativa. (Padre Danilo)

giovedì 14 gennaio 2010

181 - IL BATTESIMO

Il Battesimo è il ponte che Gesù ha costruito tra sè e noi.

sabato 9 gennaio 2010

180 - BATTESIMO DEL SIGNORE - 10 Gennaio 2010

Dal Vangelo secondo Luca (3,15-16.21-22)
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Parola del Signore
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Commento alle letture
Vivere una vita cristiana significa sempre vivere il proprio battesimo, collegarci a questo sorgente originaria, esprimere le potenzialità che qui sono state depositate. Il battesimo ci inserisce nella famiglia di Dio, ci introduce nella comunione con lui. Ricevuto nel nome cli Cristo, il nostro battesimo è manifestazione dell’amore di Dio Padre nei nostri confronti: Dio continua a sceglierci, a comunicarci nuova vita nel suo Spirito. Il battesimo di Gesù ne è il paradigma esemplare.
Nel Vangelo Gesù viene battezzato da Giovanni insieme con il suo popolo: l’evangelista vuole sottolineare la solidarietà di Gesù con l’umanità peccatrice. Ma il presupposto di questa solidarietà è la sua relazione intima con il Padre.
La solidarietà tra gli uomini sarà possibile anche per noi solo se si radicherà in una solidarietà con Dio. Il lieto annuncio della prima lettura riguarda un popolo che torna dall’esilio: il profeta descrive il ritorno degli esiliati come una seconda liberazione. A chi ritorna in patria anche il deserto sembra un giardino, perché luogo in cui si sperimenta la vicinanza di Dio e la sua guida. Nulla deve ostacolare il cammino di chi va incontro al Signore.
Nella seconda lettura il battesimo cristiano è chiamato «lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo». Attraverso questo linguaggio emerge l’idea paolina della giustificazione come salvezza mediante la partecipazione al dono che Cristo ha fatto della sua vita. Il battesimo, dunque, è la radice anche della nostra vita morale.

179 - BATTESIMO DI GESU'

Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba. (Lc 3,21-22)
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Un día fue bautizado también Jesús entre el pueblo que venía a recibir el bautismo. Y mientras estaba en oración, se abrieron los cielos: el Espíritu Santo bajó sobre él y se manifestó exteriormente en forma de paloma. (Lc 3,21-22)

mercoledì 6 gennaio 2010

178 - EPIFANIA DEL SIGNORE - SOLENNITA' - 06 Gennaio 2010

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12)
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Parola del Signore

Commento al vangelo
Una stella ha guidato i Magi fino a Betlemme perché là scoprissero “il re dei Giudei che è nato” e lo adorassero.
Matteo aggiunge nel suo Vangelo: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”.
Il viaggio dall’Oriente, la ricerca, la stella apparsa ai Magi, la vista del Salvatore e la sua adorazione costituiscono le tappe che i popoli e gli individui dovevano percorrere nel loro andare incontro al Salvatore del mondo. La luce e il suo richiamo non sono cose passate, poiché ad esse si richiama la storia della fede di ognuno di noi.
Perché potessero provare la gioia del vedere Cristo, dell’adorarlo e dell’offrirgli i loro doni, i Magi sono passati per situazioni in cui hanno dovuto sempre chiedere, sempre seguire il segno inviato loro da Dio.
La fermezza, la costanza, soprattutto nella fede, è impossibile senza sacrifici, ma è proprio da qui che nasce la gioia indicibile della contemplazione di Dio che si rivela a noi, così come la gioia di dare o di darsi a Dio. “Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia”.
Noi possiamo vedere la stella nella dottrina e nei sacramenti della Chiesa, nei segni dei tempi, nelle parole sagge e nei buoni consigli che, insieme, costituiscono la risposta alle nostre domande sulla salvezza e sul Salvatore.
Rallegriamoci, anche noi, per il fatto che Dio, vegliando sempre, nella sua misericordia, su chi cammina guidato da una stella ci rivela in tanti modi la vera luce, il Cristo, il Re Salvatore.

177 - I MAGI VIDERO IL BAMBINO

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. (Mt 2,11)
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Al entrar a la casa vieron al niño con María, su madre; se arrodillaron y le adoraron. Abrieron después sus cofres y le ofrecieron sus regalos de oro, incienso y mirra. (Mt 2,11)

sabato 2 gennaio 2010

176 - 2^ DOMENICA DOPO NATALE

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-5.9-14)
Forma breve
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Parola del Signore

Commento al vangelo
Amare la vita, far nascere Dio in sé
Dopo il Natale di Ge­sù viene il nostro na­tale: a quanti l’han­no accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. Sin­tesi estrema del Vangelo: per questo è venuto, è stato cro­cifisso ed è risorto. Ci tro­viamo proiettati nel centro incandescente di tutto ciò che è accaduto e che av­verrà. C’è un potere in noi, non una semplice possibi­­lità, ma di più, una energia, un seme potente: diventare figli di Dio. Il Figlio si fa uo­mo perché l’uomo si faccia Figlio. Come si diventa figli? In tut­te le Sacre Scritture figlio è colui che continua la vita del padre, gli assomiglia, si com­porta come Dio: nell’amore offerto, nel pane donato, nel perdono mai negato. Diventare figli è una con­cretissima strada infinita. U­na piccola parola di cui tra­bocca il Vangelo, ci spiega con semplicità il percorso. La parola è l’avverbio come. Che da solo non vive, che ri­manda oltre, che domanda un altro: Siate perfetti come il Padre, siate misericordio­si come il Padre, amatevi co­me io vi ho amato, in terra come in cielo. Come Cristo, come il Padre, come il cielo. Ed è aperto il più grande o­rizzonte. Non realizzerai mai te stesso se non provi a rea­lizzare Cristo in te. Io non so­no ancora e mai il Cristo, ma io sono questa infinita pos­sibilità (David Maria Turol­do). Più Dio equivale a più io. Più divinità in me signi­fica più umanità. Dio è in­tensificazione dell’umano.
Il Padre genera e comunica vita. Figlio diventi tu quan­do solleciti negli altri le sor­genti della vita; quando ri­desti luce e calore, generi pace e alleanza, ridoni spe­ranza. Dio è amore; come assomigliare all’amore? Nel Vangelo il verbo amare ha sempre a che fare con il ver­bo dare: non c’è amore più grande che dare la vita. Vita contiene tutto ciò che pos­siamo mettere sotto questo nome: gioia, libertà, corag­gio, perdono, generosità, pa­ne, luce, leggerezza, energia. In lui era la vita e la vita era la luce. Cerchi luce? Ama la vita, prenditene cura, con­tiene Dio, da Lui contenuta. Amala, con i suoi turbini e le sue tempeste, ma anche, e sia sempre più spesso, con il suo sole e le sue rose. E poi vai, amorosamente, là dove la vita chiede aiuto, senten­do in te la ferita di ogni feri­ta. Ha fatto risplendere la vita, ma i suoi non l’hanno accol­to. Io non rifiuto Dio, ma neppure lo accolgo. Questo è il dramma. Rimango a mezza strada, perché so che Dio in me brucia, non mi la­scia indenne. Ma se Dio fos­se nato anche mille volte a Betlemme, ma non nasce in te, allora è nato invano
(sant’Ambrogio).

175 - SE VUOI LA PACE

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA CELEBRAZIONE DELLA XLIII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

1° GENNAIO 2010

SE VUOI COLTIVARE LA PACE, CUSTODISCI IL CREATO

In occasione dell’inizio del Nuovo Anno, desidero rivolgere i più fervidi auguri di pace a tutte le comunità cristiane, ai responsabili delle Nazioni, agli uomini e alle donne di buona volontà del mondo intero. Per questa XLIII Giornata Mondiale della Pace ho scelto il tema: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. Il rispetto del creato riveste grande rilevanza, anche perché «la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio» [1] e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità. Se, infatti, a causa della crudeltà dell’uomo sull’uomo, numerose sono le minacce che incombono sulla pace e sull’autentico sviluppo umano integrale – guerre, conflitti internazionali e regionali, atti terroristici e violazioni dei diritti umani –, non meno preoccupanti sono le minacce originate dalla noncuranza – se non addirittura dall’abuso – nei confronti della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito. Per tale motivo è indispensabile che l’umanità rinnovi e rafforzi «quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino»
(paragrafo 1)