sabato 20 giugno 2009

85 - 12^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 21 Giugno 2009

+ Dal Vangelo secondo Marco (4,35-41)

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Parola del Signore

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Presentazione alle letture
La paura è una brutta compagna. Anche nelle migliori ipotesi, che cioè nessuno ci abbia mai fatto paura, ce la troviamo addosso come una triste eredità. Può essere la paura del buio o del domani, il timore di qualche nemico o di una malattia, qualcosa comunque che viene o turbare la nostra serenità, impedendoci la realizzazione della felicità.
Un giorno, sul lago di Tiberiade, anche i discepoli di Gesù provarono una grande paura. Benché pescatori provetti e abituati ai capricci della natura, la bufera dovette essere di proporzioni gigantesche, se la loro barca rischiava di inabissarsi. Fortunatamente con loro c’era Gesù. Il suo intervento riporta serenità, dapprima nei loro cuori, e poi sul lago agitato. Il brano vale come esempio e come monito a cacciare le nostre paure, anche quelle fondate, perché il Signore Gesù è forte, capace di ridimensionare, fino ad eliminare qualsiasi ostacolo. Con Lui non c’è nulla da temere (vangelo). La risposta di Dio a Giobbe lascia intendere che affidarsi a Lui è garanzia contro qualsiasi timore. Il mare vasto non deve incutere paura perché esso appartiene a Dio, suo creatore e governatore (prima lettura). La stessa morte, tanto terrificante agli occhi dell’uomo che si vede strappare la vita, rientra nell’alveo di una serena accettazione, grazie a Cristo che l’ha vinta con la sua risurrezione (seconda lettura).