venerdì 25 maggio 2012

422 - DOMENICA DI PENTECOSTE - MESSA DEL GIORNO (ANNO B) - 27 Maggio 2012

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,26-27; 16,12-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Commento
Lo Spirito Santo è lo Spirito di Cristo ed è la Persona divina che diffonde nel mondo la possibilità di imitare Cristo, dando Cristo al mondo e facendolo vivere in noi.

Nell’insegnamento e nell’opera di Cristo, nulla è più essenziale del perdono. Egli ha proclamato il regno futuro del Padre come regno dell’amore misericordioso. Sulla croce, col suo sacrificio perfetto, ha espiato i nostri peccati, facendo così trionfare la misericordia e l’amore mediante - e non contro - la giustizia e l’ordine. Nella sua vittoria pasquale, egli ha portato a compimento ogni cosa. Per questo il Padre si compiace di effondere, per mezzo del Figlio, lo Spirito di perdono. Nella Chiesa degli apostoli il perdono viene offerto attraverso i sacramenti del battesimo e della riconciliazione e nei gesti della vita cristiana.

Dio ha conferito al suo popolo una grande autorità stabilendo che la salvezza fosse concessa agli uomini per mezzo della Chiesa!

Ma questa autorità, per essere conforme al senso della Pentecoste, deve sempre essere esercitata con misericordiae con gioia, che sono le caratteristiche di Cristo, che ha sofferto ed è risorto, e che esulta eternamente nello Spirito Santo.

domenica 20 maggio 2012

421 - IL LOGO DELLA CANONIZZAZIONE DI PADRE GIOVANNI PIAMARTA

Significato del Logo della canonizzazione di Padre Giovanni Piamarta. 
Le due P, iniziali di Padre Piamarta, si trasformano nell’abbraccio del Padre (prima P) ad un giovane (seconda P). Un abbraccio paterno e materno, che non guarda ai meriti di nessuno, ma che fa nascere pane e lavoro (il caschetto/pagotta ai piedi delle due PP) forza di vita e canto di gioia.
Tutto questo all’ombra della croce che è stata luce per Padre Piamarta e dalla quale ha preso forza per scrivere tutta la sua vita (firma)
I colori poi del cerchio e della croce sono cinque e rappresentano le cinque nazioni dove i figli di padre Piamarta continuano la sua missione e la sua dedizione (Italia, Brasile, Cile, Angola e Mozambico). Un cerchio però aperto al desiderio di vivere come Piamarta sulla via della PIETAS e del LABOR.

venerdì 18 maggio 2012

420 - ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO B) - 20 Maggio 2012

Dal Vangelo secondo Marco (16,15-20)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Commento
La missione della Chiesa è presieduta da Gesù Cristo risorto, salito al cielo e intronizzato Signore alla destra del Padre. L’ascensione e l’invio degli apostoli sono inseparabili. Tra gli undici (Giuda il traditore ha seguito un altro cammino), inviati da Gesù e beneficiari della sua promessa fedele e potente, si trovano anche i successori degli apostoli e la Chiesa intera. Gesù ci invia, ci accompagna e ci dà la forza. Noi non siamo dei volontari spontanei, ma degli inviati. Appoggiandoci su Gesù Cristo vincitore della morte, possiamo obbedire quotidianamente al suo ordine di missione nella serenità e nella speranza.

Gli apostoli sono i messaggeri di una Parola che tocca l’uomo nel centro della sua vita. Il Vangelo, affidato alla Chiesa, ci dà una risposta definitiva: se crediamo, siamo salvati, se rifiutiamo di credere o alziamo le spalle, siamo perduti. Attraverso la fede, che è il sì dato dall’uomo a Dio, noi riceviamo la vita.

Il Signore conferma la predicazione degli apostoli con molti segni; e segni accompagnano anche i credenti. Attraverso questi segni, diversi e coestesi alla missione della Chiesa, Dio vuole garantire la sua azione in coloro che egli ha inviato e invita tutti gli uomini ad abbandonare ciò che è visibile e quindi attraente per il mistero della salvezza.

lunedì 14 maggio 2012

sabato 12 maggio 2012

418 - 6^ DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) - 13 Maggio 2012

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Commento
Durante la lettura del Vangelo, nel corso della celebrazione liturgica, è il Signore Gesù Cristo che parla ai suoi discepoli. Oggi ci dice che siamo tutti suoi amici, che gli apparteniamo attraverso la fede e attraverso il battesimo. Egli l’ha provato rivelandoci il suo segreto e la sua missione di Figlio di Dio. Ci ha detto che Dio, nella sua onnipotenza divina, ci ama tutti. Per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo, ci ha fatto entrare nella comunione di amore che esiste fin dall’eternità tra lui e suo Figlio. “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi”. È una parola di verità potente e divina.
Per tutti quelli che hanno preso coscienza dell’importanza di questo dono divino, conta una sola cosa: mostrarsi degni dell’amore che ci viene nell’amicizia del Figlio di Dio. “Rimanete nel mio amore”.
Per Gesù Cristo, ciò che è importante innanzitutto è che tutti i suoi amici si amino gli uni gli altri come egli stesso ha amato i suoi discepoli nel corso della sua vita terrena. La più viva espressione di questo amore è stata la sua morte sulla croce per i peccatori (cf. Gv 1,36; 19,34-37). L’amore perfetto del Padre celeste è la felicità e la gioia di suo Figlio. E questa gioia, il Figlio risuscitato la trasmette ai suoi amici nel giorno di Pasqua. “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi!”. Ricevete lo Spirito Santo!” (Gv 20,21-22). Egli offre senza sosta la gioia a tutti quelli che credono nella sua parola e per mezzo del battesimo si uniscono a lui e alla sua cerchia di amici, la Chiesa. Chi entra nell’amore di Dio per mezzo di suo Figlio ha ormai una ragione essenziale per essere sempre felice
.

417 - L'ISTITUTO ARTIGIANELLI DI PADRE PIAMARTA OGGI - BRESCIA.


SPIRITUALITA' DI PADRE PIAMARTA

1. Una spiritualità moderna
Moderna nel senso che è all’incrocio delle principali correnti della spiritualità maturate dall’umanesimo in poi. Una spiritualità assimilata non sulle grandi teorizzazioni, ma attraverso l’accostamento dei giganti della santità che si sono confrontati con il nuovo mondo nato dal rinascimento.
...La Chiesa della prima metà dell’Ottocento... reagisce allo sconvolgimento della Rivoluzione francese, basando la sua ricostruzione sull’esempio dei santi che hanno assunto gli elementi positivi della cultura del loro tempo, purificandola dagli elementi caduchi e orientandola verso Dio.

2. I santi di P. Piamarta

Da Ignazio di Loyola apprende la fiducia nelle forze dell’uomo, al quale è affidato da Dio il governo del mondo attraverso la conoscenza e l’uso della cause seconde.

Da Francesco di Sales impara l“umanesimo devoto”: a Dio si va con tutto il proprio essere, non con la diffidenza verso le proprie capacità, ma con il loro potenziamento.. “A Dio si va non per sottrazione, ma per addizione”. La vera nobiltà non sta nei titoli, ma nella benevolenza verso tutti, nella comprensione, nel tendere a costruire rapporti fraterni.

Da Filippo Neri trasse la convinzione che è possibile migliorare una società, migliorando la gioventù, rendendo simpatica la virtù e permettendo al giovane d’essere giovane.

Da Teresa d’Avila trasse la convinzione della potenza della preghiera, la quale è un “ritirarsi nel castello interiore con il Re sconfitto, per ripartire con lui, ogni giorno, alla riconquista del mondo”.

Da Vincenzo de Paoli assimilò l’arte di servire i poveri al meglio, arte che consiste nel vedere Cristo nei poveri, i quali vanno accolti con attenzione e trattati con rispetto, essendo essi i veri “vicari di Cristo”.

3. Una sintesi per il suo e per il nostro tempo

Questi elementi essenziali, vengono da lui fusi in una sintesi accessibile e funzionale, per la sua missione, al servizio del mondo del lavoro. Una sintesi semplice, ma non meno esigente. L’educazione dei giovani al lavoro richiede infatti un senso positivo della fatica umana, una fiducia nel perfettibilità dell’uomo attraverso il riconoscimento e l’esercizio delle sue capacità. Nel lavoro ben fatto non solo si mugliora il mondo (perfectio operis), ma anche chi lavora può migliorare (perfectio operantis).

4. A Nazareth

P. Piamarta parla spesso di Nazareth, dove conduce idealmente i suoi giovani, perché qui si impara il vero senso del lavoro, il “costruire dimore eterne, attraverso le provvisorie impalcature umane”.

Qui si impara l’amore maturo, capace di dare e non solo di esigere. Qui si impara quello che serve per mantenere una famiglia e quello che serve per mantenerla unita. Qui si impara che cosa è utile per essere cittadini “nel primo tempo” di questo mondo e quello che è necessario per essere cittadini del mondo futuro, nel “secondo tempo”.

Chiamerà la sua Congregazione, destinata a continuare la sua opera, “S. Famiglia di Nazareth”, volendola come una famiglia, che trasmettesse lo spirito di famiglia, di benevolenza, di servizio.
P. Piergiordano Cabra

sabato 5 maggio 2012

416 - 5^ DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) - 6 Maggio 2012

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,1-8)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Commento
Nei discorsi di addio del Vangelo secondo san Giovanni (capitoli 13-17) l’evangelista prende spunto dalle parole di Gesù per riflettere, con il carisma che gli è proprio, sulla vita dei credenti dal tempo dell’Ascensione al ritorno del Signore. Egli si riconosce talmente legato al Signore attraverso lo Spirito di Dio che parla ai suoi ascoltatori e ai suoi lettori usando l’“io” di Cristo. Per mezzo della sua voce, il Signore rivela a coloro che credono in lui qual è la loro situazione, ordinando loro di agire in modo giusto.

È durante la festa liturgica delle domeniche che vanno da Pasqua alla Pentecoste che la Chiesa propone alla lettura questi discorsi, per mostrare ai credenti cos’è infine importante per la loro vita. Attraverso un paragone, il Signore ci rivela oggi che tutti quelli che gli sono legati mediante la fede vivono in vera simbiosi. Come i tralci della vite, che sono generati e nutriti dalla vite stessa, noi cristiani siamo legati in modo vitale a Gesù Cristo nella comunità della Chiesa. Vi sono molte condizioni perché la forza vitale e la grazia di Cristo possano portare i loro frutti nella nostra vita: ogni tralcio deve essere liberato dai germogli superflui, deve essere sano e reagire in simbiosi fertile con la vite.

Per mezzo del battesimo, Cristo ci ha accolti nella sua comunità. E noi siamo stati liberati dai nostri peccati dalla parola sacramentale di Cristo. La grazia di Cristo non può agire in noi che nella misura in cui noi la lasciamo agire. La Provvidenza divina veglierà su di noi e si prenderà cura di noi se saremo pronti. Ma noi non daremo molti frutti se non restando attaccati alla vite per tutta la vita. Cioè: se viviamo coscienziosamente la nostra vita come membri della Chiesa di Cristo. Poiché, agli occhi di Dio, ha valore duraturo solo ciò che è compiuto in seno alla comunità, con Gesù Cristo e nel suo Spirito: “Senza di me non potete far nulla”. Chi l’ha riconosciuto, può pregare Dio di aiutarlo affinché la sua vita sia veramente fertile nella fede e nell’amore.