venerdì 27 agosto 2010

255 - 22^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) - 29 Agosto 2010

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,1.7-14)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
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Commento
“Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. I grandi maestri dicono che sarebbe meglio non darsi subito come obiettivo l’umiltà. Fissare questo obiettivo fin dall’inizio, significa scivolare impercettibilmente verso una sottile “sufficienza”. Ciò può portare in seguito ad una eccessiva considerazione di se stessi, mentre l’umiltà consiste essenzialmente nel volgere il proprio sguardo al di fuori di se stessi, verso Gesù e verso le grandi realtà della fede, come la grandezza di Dio e la piccolezza dell’uomo, l’eternità e la limitatezza del tempo, la speranza del paradiso e la minaccia proveniente dalle nostre debolezze, la bellezza della santità e l’orrore del peccato. “Chi si umilia sarà esaltato”. Per diventare umili, bisogna cominciare ad amare. È quello che ha fatto Gesù. L’amore misericordioso l’ha fatto scendere dal cielo. L’amore l’ha spinto sulle strade della Palestina. L’amore l’ha condotto a cercare i malati, i peccatori, i sofferenti. Lo stesso amore l’ha portato, senza indugi, alla sua meta, il Calvario, dove “umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8). L’umiltà è stata la forma esteriore della sua carità divina e il suo accompagnatore esterno. L’umiltà è stata un atteggiamento proprio della santa Madre che, per la sua purezza, fu a Dio gradita e, per la sua umiltà, attirò Dio a sé, perché Dio “resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia” (Gc 4,6). Maria era umile perché amava la volontà di Dio e delle persone che erano intorno a lei. “Chi si umilia sarà esaltato”. Come possiamo noi mettere in pratica questa frase del Vangelo? Dovremmo darci come obiettivo la carità primordiale del Vangelo e cercare di servire tutti quelli che incontriamo. Ogni persona è nostro Signore, e in ognuna di esse noi abbiamo il privilegio di servire Gesù.

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