venerdì 28 gennaio 2011

303 - 4^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) - 30 Gennaio 2011

Dal Vangelo secondo Matteo ( Mt 5, 1-12a)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
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Commento
Beati i poveri davanti a Dio... Che messaggio! Lascia che Dio ti colmi! Egli ti ama malgrado la tua povertà, malgrado i tuoi limiti. Quando sei addolorato dall’effimero della felicità umana sempre minacciata, quando ti senti povero, quando l’afflizione ti paralizza, ascolta la grande promessa di Dio: sarete consolati, sarete sfamati, vedrete Dio... Questa promessa è nel cuore della nostra fede. Tutto il lieto messaggio di Gesù si riflette nelle beatitudini come uno specchio ardente. Colui che ha accolto la buona novella nel più profondo di sé stesso e nel quale questa verità raggiunge le radici dell’esistenza, diventerà naturalmente misericordioso e indulgente nel giudizio che ha sugli altri. Sarà capace di diffondere la pace, perché egli stesso la possiederà.
Se solamente fossimo in grado di vivere seguendo l’atteggiamento fondamentale delle beatitudini! Se solamente potessimo amare e avere fiducia come Gesù! Forse allora molti uomini che la vita ha reso amari e chiusi, ai quali le numerose delusioni hanno fatto perdere la fede in Dio e negli uomini, forse potrebbero ugualmente ricominciare a credere nella bontà di Dio e nella sua sollecitudine, attraverso la bontà e la sollecitudine umane. Forse allora molti uomini potrebbero ugualmente contare su Dio per instaurare su questa terra il bene, e offrirci quello che abbiamo sperato e atteso durante tutta la nostra vita: la sicurezza e la gioia. Una gioia che regna.

sabato 22 gennaio 2011

302 - 3^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) - 23 Gennaio 2010

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 4, 12-23)
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
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Commento
L’evangelista Matteo, riprendendo un’immagine del libro di Isaia, ci dice quello che è Gesù per noi: la luce. Nella nostra vita, vediamo spesso tenebre, resistenze, difficoltà, compiti non risolti che si accumulano davanti a noi come un’enorme montagna, problemi con i figli, o gli amici, con la solitudine, il lavoro non gradito...
È tra tutte queste esperienze penose che ci raggiunge la buona parola: non vedete solo le tenebre, guardate anche la luce con cui Dio rischiara la vostra vita. Egli ha mandato Gesù per condividere con voi le vostre pene. Voi potete contare su di lui che è al vostro fianco, luce nell’oscurità.
Non siamo noi che diamo alla nostra vita il suo senso ultimo. È lui. Non è né il nostro lavoro, né il nostro sapere, né il nostro successo. È lui, e la luce che ci distribuisce. Perché il valore della nostra vita non si basa su quello che facciamo, né sulla considerazione o l’influenza che acquistiamo. Essa prende tutto il suo valore perché Dio ci guarda, si volta verso di noi, senza condizioni, e qualsiasi sia il nostro merito. La sua luce penetra nelle nostre tenebre più profonde, anche là dove ci sentiamo radicalmente rimessi in causa, essa penetra nel nostro errore. Possiamo fidarci proprio quando sentiamo i limiti della nostra vita, quando questa ci pesa e il suo senso sembra sfuggirci. Il popolo immenso nelle tenebre ha visto una luce luminosa; una luce è apparsa a coloro che erano nel buio regno della morte!

venerdì 21 gennaio 2011

301 - AMICIZIA

Una vita senza un amico è una vita senza sole. (proverbio tedesco)

sabato 15 gennaio 2011

300 - 2^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) - 16.01.2011

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 29-34)
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
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Commento
Il Dio che viene ad incontrarci nella Bibbia non regna, indifferente alla sofferenza umana, in una lontananza beata. E' un Dio che, al contrario, si prende a cuore tutta questa sofferenza. Lui la conosce (Es 3,7). La notizia di Dio che si fa uomo in Gesù non ci lascia di sasso: Dio viene nel cuore della nostra vita, si lascia toccare dalla nostra sofferenza umana, si pone con noi le nostre domande, si compenetra della nostra disperazione: “Mio Dio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34). Giovanni Battista dice di Gesù: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo”. Ecco questo Dio che si lascia ferire dalla cattiveria dell’uomo, che si lascia commuovere dalla sofferenza di questa terra.
Egli ha voluto avvicinarsi il più possibile a noi, è nel seno della nostra vita, con i suoi dolori e le sue contraddizioni, le sue falle e i suoi abissi.
È in questo che la nostra fede cristiana si distingue da qualsiasi altra religione. Gesù sulla croce - Dio nel mezzo della sofferenza umana: questa notizia è per noi un’incredibile consolazione. È vicino al mio dolore, egli mi capisce, sa come mi sento. Questa notizia implica allo stesso tempo un’esistenza scomoda: impegnati per coloro che, nel nostro mondo, stanno affondando, che naufragano nell’anonimato, che sono torturati, che vengono assassinati, che muoiono di fame o deperiscono... Sono tutti tuoi fratelli e tue sorelle!

venerdì 14 gennaio 2011

299 - LODE AL SIGNORE

Grande è il Signore e degno di ogni lode; senza fine è la sua grandezza (Sal 145,3)

venerdì 7 gennaio 2011

298 - BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO A) - 09 Gennaio 2011

Dal Vangelo secondo Matteo (3,13-17)
In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
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Commento
Gesù chiede a Giovanni di battezzarlo, ma non ha bisogno alcuno di tale battesimo di penitenza perché, dall’inizio, tutto si realizzi e perché si manifesti la Santa Trinità che egli è venuto a rivelare. Giovanni invitava il popolo a prepararsi alla venuta imminente del Messia. A lui è concesso di contemplare ciò a cui aspira ogni uomo che prega e che contempla: Giovanni percepisce e insieme accoglie il mistero di Dio, quello del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Giovanni vede il Figlio, il Verbo eterno di Dio, e lo indica già come il Salvatore. Sente il Padre, che nessuno riesce a vedere, testimoniare e attestare che quello è davvero suo Figlio (Gv 5,36-37). Percepisce poi la presenza dello Spirito che si posa sulla superficie dell’acqua, madre di ogni vita (Gen 1,2). È lo Spirito che è sceso su Maria, generando in lei la vita umana e divina (Lc 1,35). È lo Spirito che scenderà un giorno sugli apostoli perché fecondino la terra e le diano vita eterna(At 2,4). E, pur avendo avuto un altro battesimo, altrimenti efficace (Mc 10,39), anche noi siamo stati battezzati “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). E, secondo la promessa, la Santa e Divina Trinità pone in noi la sua dimora (Gv 14,23). Essa trasforma la nostra vita, affidandola a Dio e attirandoci verso di lui con la forza di attrazione della risurrezione.

mercoledì 5 gennaio 2011

297 - EPIFANIA DEL SIGNORE - SOLENNITA' - 06 Gennaio 2011

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 1-12)
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
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Commento
Una stella ha guidato i Magi fino a Betlemme perché là scoprissero “il re dei Giudei che è nato” e lo adorassero.
Matteo aggiunge nel suo Vangelo: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”.
Il viaggio dall’Oriente, la ricerca, la stella apparsa ai Magi, la vista del Salvatore e la sua adorazione costituiscono le tappe che i popoli e gli individui dovevano percorrere nel loro andare incontro al Salvatore del mondo. La luce e il suo richiamo non sono cose passate, poiché ad esse si richiama la storia della fede di ognuno di noi.
Perché potessero provare la gioia del vedere Cristo, dell’adorarlo e dell’offrirgli i loro doni, i Magi sono passati per situazioni in cui hanno dovuto sempre chiedere, sempre seguire il segno inviato loro da Dio.
La fermezza, la costanza, soprattutto nella fede, è impossibile senza sacrifici, ma è proprio da qui che nasce la gioia indicibile della contemplazione di Dio che si rivela a noi, così come la gioia di dare o di darsi a Dio. “Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia”.
Noi possiamo vedere la stella nella dottrina e nei sacramenti della Chiesa, nei segni dei tempi, nelle parole sagge e nei buoni consigli che, insieme, costituiscono la risposta alle nostre domande sulla salvezza e sul Salvatore.
Rallegriamoci, anche noi, per il fatto che Dio, vegliando sempre, nella sua misericordia, su chi cammina guidato da una stella ci rivela in tanti modi la vera luce, il Cristo, il Re Salvatore.

martedì 4 gennaio 2011

296 - I RE MAGI GLI OFFRIRONO IN DONO ORO, INCENSO E MIRRA

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. (Mt 2,11)

sabato 1 gennaio 2011

295 - 2^ DOMENICA DOPO NATALE - 02 Gennaio 2011

Forma breve (Gv 1,1-5.9-14):
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

Dal Vangelo secondo Giovanni
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
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Commento
L’evento dell’incarnazione del Verbo è la rivelazione perfetta e insuperabile del mistero di Dio. È nella “storia del Verbo” (san Bernardo) che l’uomo può vedere la gloria di Dio e così la vita eterna è già donata all’uomo, mentre ancora vive nel tempo.
Il disegno misterioso di Dio sull’umanità ora è pienamente svelato: a chi accoglie il Verbo fatto carne viene donato il potere di diventare figlio di Dio. L’uomo è chiamato a divenire partecipe della stessa filiazione divina del Verbo: ad essere nel Verbo Incarnato figlio del Padre. E il Padre genera nel Verbo Incarnato anche ogni uomo e in lui vede e ama ogni persona umana. È la suprema rivelazione della dignità di ogni persona umana, della singolare preziosità di ogni uomo.

294 - MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - SOLENNITA' - 01 Gennaio 2011

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,16-21)
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
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Commento
Il brano del vangelo ci narra un episodio della vita di una famiglia ebrea, ma l’ambientazione è inusuale per una nascita. Si tratta di una famiglia emarginata socialmente. Eppure il bambino è Dio e la giovane donna l’ha concepito e partorito nella verginità. Alcuni pastori si affrettano, in risposta a un messaggio dal cielo, per riconoscerlo e glorificarlo a loro modo.
Vi è difficile considerarlo vostro Dio?
Volgete il pensiero per un attimo al fascino persistente esercitato da sua madre su uomini e donne di ogni ambiente e classe, su persone che hanno conosciuto successi o fallimenti di ogni tipo, su uomini di genio, su emarginati, su soldati angosciati e destinati a morire sul campo di battaglia, su persone che passano attraverso dure prove spirituali.
Il genio artistico si è spesso consacrato alla sua lode: pensate alla “Pietà” di Michelangelo, al gran numero di Madonne medievali e rinascimentali, alle vetrate incantevoli della cattedrale di Chartres e alla più bella di tutte le icone: la Madonna di Vladimir, che aspetta con pazienza, nel Museo Tretiakov di Mosca, giorni migliori.
Perché la Madonna ispira tanta umanità?
Forse perché è, come dicono gli ortodossi, un’icona (= immagine) di Dio?
Forse perché Dio parla per suo tramite anche se Maria resta sempre una sua creatura, sia pure una creatura unica grazie ai doni ricevuti dal Padre?
Tutto ciò è stato oggetto di discussioni, spesso accese, quando spiriti grandi cercarono di esprimere in termini umani il mistero di Dio fatto uomo.
Maria fu definita madre di Dio, “theotokos”, e ciò contribuì a calmare dispute intellettuali. Questo appellativo è particolarmente caro ai cristiani dell’Est, ai nostri fratelli del mondo ortodosso, ed è profondamente radicato nella loro teologia, ripetuto spesso nelle loro belle liturgie, specialmente nella liturgia bizantina, che è stata considerata la “più perfetta” proprio per via delle sue preghiere ufficiali dedicate al culto di Maria.
Cominciamo l’anno nel segno di questo grande mistero.
Cerchiamo allora di approfondire la nostra devozione a Maria, Madre di Dio e nostra, eliminandone, però, ogni traccia di sentimentalismo spicciolo.
Tentiamo di convincere i giovani che si tratta qui di un idealismo rispondente, certo, alle aspirazioni più profonde dello spirito umano, ma che richiede impegno e molto coraggio.