sabato 31 dicembre 2011

381 - MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - SOLENNITA' - 01 Gennaio 2012 - Happy new year!

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,16-21)

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.


Commento

Il brano del vangelo ci narra un episodio della vita di una famiglia ebrea, ma l’ambientazione è inusuale per una nascita. Si tratta di una famiglia emarginata socialmente. Eppure il bambino è Dio e la giovane donna l’ha concepito e partorito nella verginità. Alcuni pastori si affrettano, in risposta a un messaggio dal cielo, per riconoscerlo e glorificarlo a loro modo. Vi è difficile considerarlo vostro Dio? Volgete il pensiero per un attimo al fascino persistente esercitato da sua madre su uomini e donne di ogni ambiente e classe, su persone che hanno conosciuto successi o fallimenti di ogni tipo, su uomini di genio, su emarginati, su soldati angosciati e destinati a morire sul campo di battaglia, su persone che passano attraverso dure prove spirituali. Il genio artistico si è spesso consacrato alla sua lode: pensate alla “Pietà” di Michelangelo, al gran numero di Madonne medievali e rinascimentali, alle vetrate incantevoli della cattedrale di Chartres e alla più bella di tutte le icone: la Madonna di Vladimir, che aspetta con pazienza, nel Museo Tretiakov di Mosca, giorni migliori. Perché la Madonna ispira tanta umanità? Forse perché è, come dicono gli ortodossi, un’icona (= immagine) di Dio? Forse perché Dio parla per suo tramite anche se Maria resta sempre una sua creatura, sia pure una creatura unica grazie ai doni ricevuti dal Padre? Tutto ciò è stato oggetto di discussioni, spesso accese, quando spiriti grandi cercarono di esprimere in termini umani il mistero di Dio fatto uomo. Maria fu definita madre di Dio, “theotokos”, e ciò contribuì a calmare dispute intellettuali. Questo appellativo è particolarmente caro ai cristiani dell’Est, ai nostri fratelli del mondo ortodosso, ed è profondamente radicato nella loro teologia, ripetuto spesso nelle loro belle liturgie, specialmente nella liturgia bizantina, che è stata considerata la “più perfetta” proprio per via delle sue preghiere ufficiali dedicate al culto di Maria. Cominciamo l’anno nel segno di questo grande mistero. Cerchiamo allora di approfondire la nostra devozione a Maria, Madre di Dio e nostra, eliminandone, però, ogni traccia di sentimentalismo spicciolo. Tentiamo di convincere i giovani che si tratta qui di un idealismo rispondente, certo, alle aspirazioni più profonde dello spirito umano, ma che richiede impegno e molto coraggio.

mercoledì 28 dicembre 2011

380 - VOLA ALTO

Egli imparò a volare e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia, la paura e la rabbia a rendere così breve la vita di un gabbiano.
da "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach

379 - BUON ANNO 2012 - AUGURI

NON DARE ANNI ALLA VITA, MA VITA AGLI ANNI

Siamo all’inizio dell’anno e ci viene fatto un nuovo regalo: un altro anno. È una riserva di tempo, un dono di spazio temporale che ci viene dato perché ciascuno di noi lo viva. Hai del tempo: vivilo”.
L’anno nuovo non dice: “hai del tempo passalo”. Il fine della vita non è che la vita passi ma che sia vissuta. All’inizio di un nuovo anno allora hai del tempo, vivilo” vuol dire “gustalo, assaporalo, assaggialo, non permettere che il tempo ti scappi e che tu non te ne accorga”. Donati tempo per accorgerti che tu ci sei: “Fermati respira profondamente e con calma, e ripensa al fatto che tu ci sei, che tu sei in questo mondo, che ci sarà pure un motivo per cui ci sei. Ripensa alle difficoltà affrontate, ai passi fatti, a ciò che hai raggiunto. Accorgiti che Dio non ti ha mai abbandonato, nè quindi lo farà adesso, riempiti di questa luce e di questa consapevolezza e sii felice oggi, domani e giorno seguente perché non sei abbandonato”. Donati tempo e accorgiti che hai delle persone che ti amano: “fermati e ascoltati: non saranno per sempre con te. Cosa aspetti per dire loro che le ami? Cosa aspetti per dare loro un abbraccio? Cosa aspetti per risolvere ciò che devi risolvere? quando sai che, ciò che non fai oggi, è perso per sempre? E poi ringrazia la Vita, che ti ha donato così tanto, perché solo chi è cieco non vede la fortuna di essere vivi”.
Ciò che conta in quest’anno non è quanto tempo avrai ma quanto tempo potrai vivere. Cioè: non dare anni alla tua vita ma dà vita ai tuoi anni. Non serve allungare di giorni l’anno per avere più tempo, devi dare vita, significato, spessore, intensità al tempo che già hai. Allora: non è quanto tu vivi che conta, ma come tu vivi. Ciò che conta non è quanti giorni avrai quest’anno, ma come li vivrai. Ciò che conta non è quanto parlerai, ma come parlerai (con attenzione, con profondità, con saggezza). Ciò che conta non è quante cose o persone vedrai, ma come le vedrai. Ciò che conta non è quante persone incontrerai, ma a che livello vi incontrerete (superficie o in profondità). Ciò che conta non è quante preghiere dirai, ma come le dirai (saranno solo parole o preghiere?) Ciò che conta non è ciò che hai da fare, o mille possibilità che hai o il tempo a disposizione. Ciò che conta è chi sei tu, come vivi ogni cosa e il tuo tempo.
(Marco Pedron)

sabato 24 dicembre 2011

378 - BUON NATALE DI PACE E DI GIOIA

Gesù si è fatto piccolo per aiutarci a trovarlo. (B. Bianchi Porro)

377 - NATALE DEL SIGNORE - Solennità - 25 Dicembre 2011

Commento al vangelo della messa della notte (Lc 2,1-14)

“Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Soltanto la contemplazione può semplificare la nostra preghiera per arrivare a constatare la profondità della scena e del segno che ci è dato. Una mangiatoia, un bambino, Maria in contemplazione, Giuseppe meditabondo: “Veramente tu sei un Dio misterioso!”. Il Padre, il solo che conosce il Figlio, ci conceda di riconoscerlo affinché l’amiamo e lo imitiamo. Nessun apparato esteriore, nessuna considerazione, nel villaggio tutto è indifferente. Solo alcuni pastori, degli emarginati dalla società... E tutto questo è voluto: “Egli ha scelto la povertà, la nudità. Ha disprezzato la considerazione degli uomini, quella che proviene dalla ricchezza, dallo splendore, dalla condizione sociale”. Nessun apparato, nessuno splendore esteriore. Eppure egli è il Verbo che si è fatto carne, la luce rivestita di un corpo. Egli si trova nel mondo che egli stesso continuamente crea, ma vi è nascosto. Perché vuole apparirci solo di nascosto? Egli fino ad allora era, secondo l’espressione di Nicolas Cabasilas, un re in esilio, uno straniero senza città, ed eccolo che fa ritorno alla sua dimora. Perché la terra, prima di essere la terra degli uomini, è la terra di Dio. E, ritornando, ritrova questa terra creata da lui e per lui. “Dio si è fatto portatore di carne perché l’uomo possa divenire portatore di Spirito”, dice Atanasio di Alessandria. “Il suo amore per me ha umiliato la sua grandezza. Si è fatto simile a me perché io lo accolga. Si è fatto simile a me perché io lo rivesta” (Cantico di Salomone). Per capire, io devo ascoltare lui che mi dice: “Per toccarmi, lasciate i vostri bisturi... Per vedermi, lasciate i vostri sistemi di televisione... Per sentire le pulsazioni del divino nel mondo, non prendete strumenti di precisione... Per leggere le Scritture, lasciate la critica... Per gustarmi, lasciate la vostra sensibilità...” (Pierre Mounier). Ma credete e adorate.


Commento al vangelo della messa dell'aurora (Lc 2,15-20)

“Mentre un profondo silenzio avvolgeva l’universo e la notte nella sua rapida corsa era giunta nel mezzo del suo cammino, il Verbo onnipotente, dagli altissimi cieli, balzò dal suo trono regale” (Liturgia). “Solo il silenzio rivela gli abissi della vita” (Zundel). Le più grandi opere di Dio sono frutto del silenzio. Solo Dio ne è testimone e, con lui, coloro che vedono interiormente, che fanno silenzio e vivono della presenza del “Verbo silenzioso”, come Maria che sapeva e meditava questi avvenimenti nel suo cuore. La parola eterna è il Verbo silenzioso. E Maria, sua madre, si fa discepola del Verbo. “Maria ascolta, condivide, si dà, si perde nei suoi abissi... Ogni fibra del suo essere reagisce a questo richiamo: “Fammi sentire la tua voce” (Ct 2,14). Maria dà ascolto al Verbo silenzioso, l’unica verità. La sua carne può divenire allora culla della parola eterna. Maria non dice nulla di sé, non aggiunge nulla di sé... Offre la sua trasparenza come un puro vetro ai raggi del sole e il mistero di Gesù vi risplende per intero” (Zundel). Maria è la realizzazione della profezia di Isaia: “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, ...ma tu sarai chiamata Mio Compiacimento”. Per mezzo del silenzio in cui avvolge l’avvenimento del quale è stata protagonista, Maria è la dimora della presenza di Dio. Il Verbo cerca in lei dimora. In lei ogni uomo si vede chiamato allo stesso destino: divenire dimora di Dio, del Verbo silenzioso. Perché, se è vero che Dio ha creato la natura umana solamente per ricevere da essa la madre di cui egli aveva bisogno per nascere (Nicolas Cabasilas), ogni uomo è chiamato, attraverso l’accoglienza silenziosa del Verbo, a diventare tempio del Verbo, “Basilica del silenzio” così come Maurizio Zundel immaginava la Madonna.


Commento al vangelo della messa del giorno ( Gv 1,1-18)

Il Verbo, la seconda persona della Trinità, si fa carne nel grembo della Vergine Maria per dare a chi lo accoglie e a chi crede in lui il “potere di diventare figli di Dio”. C’è forse comunione più completa, più perfetta del lasciare all’uomo la possibilità di dividere la vita stessa di Dio? Nel Verbo che si è fatto carne, questo bambino di Betlemme, l’uomo trova l’adozione come figlio. Dio non è più un essere lontano, egli diventa suo padre. Dio non è più un essere lontano, egli diventa suo fratello. “Come l’uomo potrebbe andare a Dio, se Dio non fosse venuto all’uomo? Come l’uomo si libererebbe della sua nascita mortale, se non fosse ricreato, secondo la fede, da una nuova nascita donata generosamente da Dio, grazie a quella che avvenne nel grembo della Vergine?” (Ireneo di Lione). È per la deificazione dell’uomo che il Verbo si è fatto carne, affinché l’uomo, essendo “adottato”, diventasse figlio di Dio: “Affinché l’essere mortale fosse assorbito e noi fossimo così adottati e diventassimo figli di Dio” (Ireneo di Lione). L’uomo assume allora la sua vera dimensione, perché non è veramente uomo se non in Dio. E c’è forse una presenza in Dio più forte della figliazione divina? Proprio ora, il re in esilio rimette piede sulla terra preparata per lui e, nello stesso tempo, l’uomo ritrova il suo “posto”, la sua vera casa, la sua vera terra: Dio. “Anch’io proclamerò le grandezze di questa presenza: il Verbo si fa carne... È Gesù Cristo, sempre lo stesso, ieri, oggi e nei secoli che verranno... Miracolo, non della creazione, ma della ri-creazione... Perché questa festa è il mio compimento, il mio ritorno allo stato originario... Venera questa grotta: grazie ad essa, tu, privo di sensi, sei nutrito dal senso divino, il Verbo divino stesso” (Gregorio di Nazianzo).

sabato 17 dicembre 2011

376 - 4^ DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B) - 18 Dicembre 2011

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,26-38)

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.


Commento

Dopo la testimonianza di Giovanni Battista, ecco la testimonianza di Maria, madre di Dio, che ha serbato preziosamente in cuor suo le grandi cose che il Signore aveva fatto per lei. Il concepimento verginale di Cristo, così chiaramente esposto nel vangelo di oggi (Lc 1,34-35), non è un fatto isolato, una grazia a sé. Ma non ci è presentato nemmeno come il modo più adatto per la nascita del Messia. Ci è dato come sicurezza che il figlio, nato da Maria, “ sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio ”, perché “lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo ”. La nascita di Gesù dalla Vergine Maria non è una verità aggiunta alla verità dell’Incarnazione; è parte integrante di questo stesso mistero. E la divina condiscendenza, per mezzo della quale viene richiesto il consenso di Maria, perché possa realizzarsi il progetto divino, è ciò che san Paolo chiama la “ rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni, ma rivelato ora... a tutte le genti perché obbediscano alla fede ” (Rm 16,25-26).

sabato 10 dicembre 2011

375 - 3^ DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B) - GAUDETE - 11.12.2011

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,6-8.19-28)

Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni.Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce,perché tutti credessero per mezzo di lui.Non era lui la luce,ma doveva dare testimonianza alla luce.Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


Commento

Il messaggero, annunciato nel vangelo di domenica scorsa, è descritto in modo più dettagliato dall’evangelista Giovanni. Egli ci ricorda, infatti, i dialoghi che Giovanni Battista ebbe con sacerdoti e leviti, venuti da Gerusalemme per interrogarlo. Era forse il Messia? No, rispose Giovanni Battista: “ Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia ” (Gv 1,23). Sant’Agostino commenta: “Giovanni Battista era una voce, ma in principio il Signore era il Verbo. Giovanni fu una voce per un certo tempo, ma Cristo, che in principio era il Verbo, è il Verbo per l’eternità” (Serm 293) “ Egli - dice l’evangelista Giovanni - venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui ”. Vi sentiamo un’eco del prologo: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo ” (Gv 1,9). Anche noi dobbiamo essere suoi testimoni (Gv 15,27) e ciò, prima di tutto, nella santità delle nostre vite perché “ mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia ” (Is 61,10).

374 - VEGLIATE



sabato 3 dicembre 2011

373 - 2^ DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B) - 04.12.2011

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,1-8)
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa:«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:egli preparerà la tua via.Voce di uno che grida nel deserto:Preparate la via del Signore,raddrizzate i suoi sentieri»,vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Commento
In confronto all’introduzione discreta nel tempo dell’Avvento avvenuta domenica scorsa, l’annuncio di oggi è spettacolare: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te... Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Giovanni Battista fa il suo ingresso spettacolare nel mondo, vestito di peli di cammello. Le sue parole bruciano l’aria, le sue azioni frustano il vento. Predica “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” ed immerge i suoi discepoli nelle acque del Giordano. Il suo messaggio, pur legato a un momento della storia, è eterno. Si rivolge anche a noi. Anche noi dobbiamo preparare la strada del Signore, poiché un sentiero si spinge fino ai nostri cuori. Sfortunatamente, troppo spesso, durante l’Avvento, molte distrazioni ci ostacolano nell’accogliere, spiritualmente, il messaggio del Vangelo. Non dovremmo, invece, cercare di dedicare un po’ di tempo alla meditazione di quanto dice san Pietro: “Noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia” (2Pt 3,13)?